PASQUALE NERO GALANTE è nato a Carovigno (BR) il 1 agosto 1964. Per pugliesità e zodiaco d’indole dunque leonina, s’è colmato occhi e animo degli orizzonti profondi, delle tinte rosso-ferrigne, delle dure torsioni degli ulivi in terra salentina. Ha assorbito l’umanità diversa, di diversa e forte storia, che quel territorio remoto e antico impone alla natura delle sue genti. Di visioni e carattere, Galante ha fatto arte. Con la frequenza ai corsi del Liceo Artistico e dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha iniziato prestissimo a esporre, dapprima incentrando la sua ricerca sulla relazione fra la materia pittorica, le tecniche delle tradizioni (quella della cartapesta salentina, le lavorazioni dei lapicidi e degli scalpellini, la manifattura delle stoffe e degli ornamenti barocchi) e i linguaggi della contemporaneità. Trasferitosi con ostica audacia a Roma, ha via via maturato un proprio personale codice espressivo, precipuamente pittorico, in cui la figura e la trascrizione del reale sono resi con pochi colori (i grigio-bruni, il bianco sporco e soprattutto il nero) e un’ombrosa impronta gestuale che macchia, ricopre, cancella superfici e particolari. Ha esposto in tutta Italia e molto all’estero, soprattutto in personali e in non poche, ma selezionate, collettive. Continua a vivere e lavorare a Roma, però inquietamente.
Lo Specchio Nero
Residui, resti di alluvioni e naufragi della mente riportati alla conoscenza attraverso il filtro di uno specchio nero che ne spazza via ogni ambiguità o incertezza.
Il tratto è deciso, forte.
Senza le distorsioni proprie della luce ma dotato di una propria, interiore luminescenza.
Volti, figure e cose mostrano la loro intima essenza, perdono quel carattere di vacua esteriorità che caratterizza la forma e si rivelano come pura sostanza.
Pasquale “Nero” Galante fa sua la ricerca cromatica dei Macchiaioli, teorizzata da Cristiano Banti, e, inevitabilmente e meravigliosamente, la indurisce, sublimando il colore nel non colore e poi
la modernizza attraverso una personalissima tecnica incentrata sull’utilizzo di carte applicate e resine.
Il soggetto non è semplicemente dipinto, ma “vissuto”. L’artista ne penetra l’essenza, ne attraversa le nebbie e ne restituisce l’anima.
La direzione non è una ricerca del consenso attraverso un ripetitivo “Dejà vu” o accattivante leziosità, ma esclusivamente, puntigliosamente scoperta di nuovi, inesplorati territori attraverso un mezzo classico quale quello della pittura.
Ogni opera diventa limo vivifico per il successivo lavoro, in un susseguirsi di tentativi di mettere ordine al caos dal quale tutti traiamo origine e in cui,a volte, con troppa spensieratezza, viviamo.
La cancellazione di parte dell’immagine, spesso presente, a volte è vittoria, a volte è resa.
Ma mai sconfitta.
Sempre aiuta a riflettere, a riconsiderare, ad accettare, a meglio comprendere.
Inopinatamente, a meglio mostrare.
Pasquale Galante diventa lo specchio, “Nero”, attraverso cui vedere il mondo per assorbirlo, senza interferenze o distrazioni.
Un non luogo, dove la vanità terrena collassa dalla sua accessorietà e contingenza e ci viene poi restituita, nobilitata dalla rigorosa anarchia dell’Artista, sotto forma di “Imago et Substantiam “ .
Ci mostra i confini dello spirito, ci aiuta a guardare oltre, ci invita, forse, anche a superarli.
Senza la paura del viaggio.
Ma, soprattutto, senza la paura della meta.
Decisamente in questa prospettiva va inquadrato il più recente lavoro, in cui i soggetti sono per lo più fiori e candele.
L’accezione è totalmente positiva: la rappresentazione è quella metaforica di una vita ancora pienamente da vivere… fiori appena sbocciati, candele che hanno appena iniziato ad ardere.
La pittura in questo caso è velata, eterea.
Si spinge ancora di più oltre e varca la materia, varca la soglia recintata dell’umana stoltezza, scava nella roccia della diffidenza.
Un mezzo idoneo per iniziare un percorso di attraversamento, assolutamente individuale e privato, nelle profondità, a volte abissali, delle nostre coscienze.
Il “gioco” è questo.
E riesce perché quella di Nero Galante non è verità urlata e imposta, ma semplicemente ricercata per sè, personalmente accettata e fatta propria e appena sommessamente gridata.
Un anelito. Un Sehnsucht , una malattia del doloroso bramare.
Una preghiera non recitata, ma solo pensata.
(angelo andriuolo)
Con tenacia persistendo le densità mutevoli
Queste opere di Pasquale Nero Galante sono un puro riflesso, da cogliere primaditutto, senza ansia di decifrazione. La visione del mondo è libero campo nel quale irrompe il flusso creativo – irragionato, immediato, istintivo, e quindi anche per ciò solo, elusivo – che ignora la superficie accidentale e momentanea del reale e si spinge alle sue pieghe poco illuminate, dove traspare l’essenza autentica delle cose. L’arte assorbe la vita, la amalgama a quella materia illusionistica e irreale che è la pittura, la coniuga a sé in un reciproco assoggettamento di modi, tempi, nutrimenti, dinamiche. Tutta la ricerca di Galante esprime pienamente questa assimilazione, in un alternarsi continuo di connessioni e distacchi, separazioni e perdite, e subito dopo riappropriazioni e rivendicazioni; così oggi questi quadri sono forse un piccolo approdo, dove l’occasione ha fatto diga e trattiene, perché, nell’accostare fiori, alberi e volti umani, essi fermano l’attenzione su una relazione fondamentale, che è quanto di più vicino e, contraddittoriamente, quanto di più distante vi è nella percezione del mondo, la relazione con la natura. Un minimo approdo, dunque: per l’artista – erratica sensibilità smaniosa d’inadeguatezze –, e per l’osservatore – uomo attuale, civilizzato, sovrastrutturato. La natura e il sentimento della natura sono temi dell’uomo in quanto oggi più che mai ne mettono in discussione le facoltà pratiche e la forza etica, e pochi sono oggi gli autori che come Galante riescono a far coesistere la propria operosità e inventiva con la tensione necessaria a restituire l’aspro – però anche esistenzialmente chiarificatore – rapporto con il mondo. Ma in particolar modo, la natura cui guarda Galante è un ambito di affinata osservazione dove si misura la capacità di vedere la bellezza, dove può trovare un senso ancora attuale l’attitudine di emozione e poesia, dove cioè il mestiere di pittore si fermi a essere mestiere di coscienza e conoscenza.Natura al Nero, allora, ma si potrebbe dire, natura al vero, perché il lavoro di Pasquale Nero Galante non vuole essere lettura, ma avvicinamento, non proiezione dell’autore che inventa e adatta scenari a una personale concezione quale che sia, ma accoglimento di sensazioni, comprensione dell’idea come incontaminata contemplazione dell’essere. Al tempo stesso, è anche natural Nero, e questo nero naturale, questa visione scevra di colori e solarità, questa cattura esclusiva di ombre, questa ricerca di austerità è come un antidoto alle chiassose, artefatte, posticce espressioni di un’arte oggi sempre più banalizzata e profana. Un piccolo fiore in un piccolo spazio, ridotto in una bruma intridente di terre e polveri, collocato in un’avulsione totalizzante: ecco ad esempio, come la resa figurale si tramuta in “trappola” per la mente e per lo sguardo, come in essa si blocca e rende sensibile il tessuto profondo, la materia basilare della realtà.Nella trattazione di Galante, coesistono e pure confliggono da un lato l’osservazione verso l’oggettività di una natura quale sostanza del mondo, e quindi verso la restituzione realistica dell’immagine che cerca fermamente la neutralità del dato ottico, la sua costanza; e dall’altro il riferimento ai processi percettivi, che sono invece meccanismi tipicamente individuali e contingenti, effimeri, instabili. Perché la natura è quella che è, ma è anche quella che plasmiamo, quella che è “opera nostra”, soprattutto è quella che noi percepiamo e che a noi si rivela attraverso il nostro cuore e la nostra mente. La fisionomia del reale non è qualcosa di statico nelle tele di Galante, da poter descrivere o maneggiare con il distacco di una effettività che ci è data appunto come incontrovertibile e determinata, ma prende forme e colori elementari di un paesaggio psichico che con essa distilla l’immagine, la sfronda di consistenza e presenza, la riduce a impronta indelebile di un attimo inavvertibile. E si riafferma così la dissipata intesa fra il più vasto ordine dell’universo, esterno altro molteplice differente, e l’interiorità dell’uomo, frazionata controversa sovrapposta annichilita, ma pur sempre retta da regole affini.In questa mostra, i fiori, i volti, gli alberi sono campo di indagine e al tempo stesso riaffermazione di un esercizio appassionato e a sé coerente della pittura: segno, forma, pigmento, insieme a osservazione, sentimento, meraviglia sono tesi in una ricerca di qualcosa che non sia mera rappresentazione, né definizione né volgarizzazione, invece, abbiamo detto, intendimento della sostanza propria e più segreta delle cose, della sublime unità del visibile con l’invisibile, ma anche e specialmente coscienza del mistero di bellezza e eternità che, pur colto nella sua essenza formale, mai potrà di fatto essere penetrato. Per questo, la pittura è puro linguaggio, sistema di collegamento fra la realtà vivente e la sua visione; anzi di più, è un corto circuito esplorativo del reale, e poi della mobile distanza fra autore e osservatore, delle tormentate connessioni tra materia, luce, pensiero ed emozione. È la pittura che, nella sua apparente invarianza, fra la penombra dei toni, sulla patina di corrosione e rarefazione, impone la forza stordente del suo impatto, un cuneo che penetra l’occhio e lascia una persistenza tenace di densità mutevoli.
(francesco giulio farachi)
MOSTRE PERSONALI
CIRCOLO CULTURALE IL DELFINO “Galante” CAROVIGNO 1983
GALLERIA D’ARTE “THE WALL” “Aridescenze” ROMA 1990
CENTRO L. DI SARRO “Sculture” ROMA 1991
CENTRO D’ARTE L’IDIOMA “Sculture” ASCOLI PICENO 1991
ACCADEMIA D’UNGHERIA “Dialogus” ROMA 1995
FESZEK GALERIA “Dialogus XV” BUDAPEST 1996
STANZE DELLA REGINELLA “Incartesini” ROMA 1997
ACCADEMIA D’UNGHERIA “Dialoghi in Frammenti” ROMA 1999
RIALTOCCUPATO “Nero” ROMA 1999
AL FERRO DI CAVALLO “Volti e Corpi” ROMA 2004
NEOARTGALLERY “ In esilio ma solo per invito” ROMA 2006
HIDRON “ Black & White” FIRENZE 2006
LIVIO NARDI GALERIE “Black is Back” NORINBERGA 2007
AZIONE e VIDEO AL PARCO DELLA PACE “Requiem” ROMA 2009
SELVIN GALERI “Sihir” ISTANBUL 2010
IPSAR ( Istituto Portoghese S.Antonio Roma) “A ciò che la voce non suona” ROMA 2011
UFFICIO DI CULTURA E INFORMAZIONE
DELL’AMBASCIATA DI TURCHIA “Nero…Levante” ROMA 2011
ORMO SANAT GALERISI “ Pasquale Nero Galante” ISTANBUL 2012
GALLERIA VILLICANA D’ANNIBALE “naturALnero” AREZZO 2012
OFFICINA SOLARE “l’Opera al Nero” TERMOLI 2012
ISTITUTO SUPERIORE ANTINCENDI “Derive” ROMA 2013
GALLERIA VILLICANA D’ANNIBALE “Invisoego” AREZZO 2013
CURVA PURA ” Noi,Alberi” ROMA 2014
SALA ESPOSIZIONI E CONFERENZE DI GANGEMI EDITORE ” InVersoNero”, ROMA, 2015
TORRE BRUCIATA ” TerRea” TERAMO 2015
CURVA PURA “Vièneme ‘nzuonno, scètame” ROMA 2016
BIBLIOTECA G. MARCONI ” InVersoNero”, ROMA 2016
ALCHIMIA B&R “Breviarium” FERRARA 2016
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