PROFILI: COSIMO SPONZIELLO
Testi e immagini sono state reperite dal sito:
www.tuglie.com
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“Due paesaggisti delicati ha la provincia, verso il Capo di Leuca: sono Cosimo Sponziello, un discepolo di Ciardo, con un suo esile filo di poesia, e Luigi Gabrieli…”.
Così scriveva, in una sua memorabile Lettera pugliese, Vittorio Bodini nel 1951, mettendo a fuoco quello che era il carattere fondamentale di Sponziello pittore. Ma questo personaggio tugliese oggi sono forse in molti a non sapere chi sia. Giova, perciò, darne qui una nota biografico-critica.
Cosimo Sponziello è nato a Tuglie il 27 settembre 1915 da Giovanni e da Maria Mainardi da Casalbuttano (Cremona), secondo di sei figli. Nel 1923 viene in Puglia per trascorrervi le vacanze un fratello della madre di Cosimo, lo zio Primo Mainardi, appassionato di fotografia. Porta con sé una macchina a lastre per fotografie stereoscopiche.
Cosimo ne resta incantato: è un innamoramento a prima vista, il preludio di quella che sarà un’attività importante di Sponziello accanto a quella del pittore: l’attività fotografica. Ma è solo nel 1929 che lo zio Primo offre al giovanissimo nipote, come dono natalizio, una Kodak a cassetta per lastre 6/½ x 9. Non c’è ancora il fotografo; certamente c’è un ragazzo felice.
Nel 1932 incomincia per Sponziello il vero lavoro di fotografo presso lo studio fotografico “Alfredo Stefanelli” di Gallipoli, allora tra i primi della provincia di Lecce.
Nel 1935 Sponziello è a Capua (Caserta), aviere allievo fotografo alla Scuola Specialisti dell’Arma Aeronautica. Nel 1939, congedato, ritorna a casa; nel 1941 parte per Milano e nella città lombarda trova lavoro, come “operatore e ritoccatore” presso la “Foto Veneta”. Ma la fotografia non gli basta; ha altre aspirazioni. Perciò si iscrive ai “Corsi Serali degli Artefici dell’Accademia di Brera”: pittura. Nel 1942 lavora, come ritoccatore di negativi, presso un fotografo milanese di fama internazionale, Petri. Poi è la guerra, i primi bombardamenti sulla città, il peregrinare degli sfollati…
Nel 1943 Sponziello torna a casa, nel suo Salento: fotografo a tempo pieno che, però, non tradisce la forte vocazione per la pittura. Nel 1945 trasferisce il suo studio fotografico a San Simone di Sannicola, e vi resterà fino al giugno del 1953. In quest’anno gli viene offerto, e lo accetta, l’insegnamento della “figura disegnata” al Liceo Artistico di Monza: un insegnamento che terrà per ben 36 anni. La fotografia, non più “lavoro”, resterà compagna fedele. La pittura, però, già da tempo occupa il primo posto.
A Milano aveva studiato pittura con Gino Moro; nel Salento continua frequentando il gaglianese Vincenzo Ciardo, uno degli artisti di spicco negli anni del dopoguerra. Con il lungo soggiorno milanese gli si aprono anche le porte dell’Accademia di Brera, dove sarà docente per 24 anni alla Scuola degli artefici e alla Scuola Libera del Nudo. Molti hanno parlato, criticamente, della pittura di Sponziello. Uno dei suoi maestri-amici, Vincenzo Ciardo, scriveva: “Il temperamento incline ad un naturalismo poetico nutrito di emozioni schiette, è andato a mano a mano schiudendosi al contatto di questo nostro paesaggio, che è terribilmente serio nella sua nudità. Sponziello tende a scoprire in ciò che vede e dipinge l’essenziale, sia nel senso formale che in quello poetico”.
Un critico attentissimo come Raffaele De Grada diceva, in una conversazione radiofonica: “La sua pittura [quella di Sponziello] si può dire, deriva da quella di Vincenzo Ciardo, che è stato un importante artista del nostro secolo; deriva, ma non la copia. La natura di Sponziello è ancora più delicata di quella di Ciardo ed è un pittore che certamente può essere apparentato a quella linea post-impressionista che, nella nostra Lombardia, è stata tipica di Gino Moro, per esempio. Sono pittori che hanno un lirismo intenso, che Sponziello richiama sempre nelle sue opere salentine; sono paesaggi vicini al mare, con un mare che spesso non si vede, si intuisce; con degli ulivi che sembrano alberi secolari, con delle spiagge deserte, di memoria.”
Sponziello stesso definiva i suoi modelli, le sue guide; ma rivendicava la propria originalità: “Ciardo […] un po’ con la sua pittura e un po’ con la sua guida mi fece scoprire la vera poesia del Salento, terra mia come sua, terra di incanti che trasuda ovunque memorie elleniche, con le sue rocce, le sue pietre, i suoi ulivi d’argento. Sto con Ciardo per la materia succosa, la tavolozza, il tassello; però vi è, in me, anche molta simpatia per l’arte lombarda e, in particolare, per Tosi. Ma è la luce quella che mi guida nell’interpretazione della natura”.
Il rapporto Puglia-Lombardia era, per Sponziello, vissuto a livello biografico. Non era una costruzione a freddo. La sua vita appare un alterno percorso: dalla Puglia natale a Milano, da Milano alla Puglia (e c’è la guerra), poi ancora dalla Puglia a Milano. Un alterno percorso, da pendolare tra le terre delle sue radici: la Puglia paterna, la Lombardia materna.
Chi ne ha studiato l’itinerario pittorico ne ha ricordato le molte prestigiose affermazioni. Ha scritto A. L. Giannone: “Il primo successo lo coglie a Gravina, dove nel ’48 ottiene il secondo premio nel Concorso regionale di pittura “Pomarici Santomasi”. Era quasi la premessa a quel prestigioso Premio per il Paesaggio pugliese che ottiene all prima edizione della Mostra nazionale di pittura contemporanea del “Maggio di Bari” nel 1951, ex aequo con Vito Stifano. […]. Un altro importante riconoscimento arriva nel 1952: una sua opera, Paesaggio pugliese, esposta alla VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, viene acquistata dal Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi”.
E sarebbe troppo lungo elencare tutto. Come appariva Cosimo Sponziello a chi lo avvicinava? Ecco l’impressione di un giornalista che lo intervistava in occasione di una mostra nel 1969: “Non ha il fisico-tipo meridionale, ma sembra personaggio gentilmente deamicisiano, con una voce modulata, educatissimo e riguardoso, con baffetti e barbetta grigia da repubblicano storico. Il Salento affiora in certe cadenze dell’italiano molto corretto, in un ritmo cantabile, come di persona che porti la voce oltre una brezza marina, ma in un tono più sommesso”. Aveva detto prima: “Cosimo Sponziello è l’immagine della mitezza…”.
Un’immagine, ch’è spia d’un carattere, mai venuta meno.
Luigi Scorrano
Un interessante volumetto edito dal “GRUPPO INCONTRI”
click sull’immagine per una recensione su paperblog
Proponiamo da youtube due video del Must (Lecce).
In una sezione: “Un dialogo tra le immagini di Cosimo Sponziello e Massimiliano Spedicato“
Qui il dietro le quinte
Anche in questo caso sono state tre le “tentazioni” d’arte che caratterizzeranno il percorso espositivo.
“Il percorso della scultura” vuole essere un percorso attraverso il XX secolo nel segno degli scultori del Salento e della Puglia.
“Aria di Roma” apre ai Collezionismi leggendo la creatività come sguardo d’arte , la collezione è quella di Enzo Scaramuzza che propone gli artisti della Nuova Scuola Romana e la presenza significativa di Mario Schifano.
“La scatola magica” sottolinea la logica apertura alla fotografia ormai sdoganata da un falso ruolo subalterno, attraverso l’impegno di Luigi Carluccio, proponendo un dialogo tra le immagini di Cosimo Sponziello e Massimiliano Spedicato.
Il vernissage
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